• 10 Luglio 2025

Epistème News

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Oltre la longevità: un invecchiamento sano e attivo

Nell’ambito dei “duetti culturali” promossi da Lucia Crespi, si è tenuto lo scorso 5 giugno il ventiquattresimo incontro di LAMPI, che ha avuto come protagonista Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. In dialogo con Paola Emilia Cicerone, giornalista scientifica di lungo corso.

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Silvio Garattini (Bergamo, 12 novembre 1928) è forse il medico oncologo, farmacologo e ricercatore più famoso d’Italia. Ai tanti che gli chiedono il segreto della sua longevità, non ha dubbi: “evitare il mercato della medicina” e modificare il proprio stile di vita con un’alimentazione sana e soprattutto facendo attività fisica. Nel suo ultimo libro Vivere bene (Edizioni San Paolo), delinea la giusta quantità e le modalità di movimento, alla portata di tutti, da mettere in pratica per una vita longeva e più gioiosa.

«La medicina è rimasta vittima del suo successo». Il professor Garattini non usa giri di parole e, come di consueto, va dritto al cuore del problema: «Una medicina che, praticamente in modo esclusivo, ha avuto come fine quello di occuparsi delle cure».

Negli ultimi cinquant’anni la medicina ha compiuto significativi progressi. Sono oggi disponibili nuovi farmaci, basati su evidenze scientifiche, efficaci contro patologie un tempo ritenute intrattabili. Abbiamo nuovi strumenti e più efficienti metodologie in campo diagnostico, e abbiamo sviluppato raffinate tecniche chirurgiche. Tuttavia, l’eccessiva attenzione rivolta alle terapie ha contribuito allo sviluppo di un vasto mercato della salute, cresciuto in modo rilevante a partire dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978. Si stima che oggi il valore complessivo del mercato – tra pubblico e privato – ammonti a circa 200 miliardi di euro all’anno.

La logica del mercato

Come in ogni altro settore, anche in ambito medico esistono strategie di marketing volte ad incrementare, anche in modo artificioso, la domanda: per esempio, abbassando le soglie considerate “normali” per glicemia, colesterolo ematico o pressione arteriosa, senza tener conto che in realtà andrebbero valutati non in termini assoluti ma in relazione a gruppi di persone specifiche.
Un’altra dinamica rilevante è l’accumulo di farmaci prescritti, soprattutto agli anziani, che talvolta arrivano ad assumere fino a 15 medicinali al giorno.

«Vi posso assicurare che non esiste alcuna evidenza scientifica per cui quindici farmaci risultano più efficaci di dieci o cinque», osserva il professor Garattini. «Inoltre, spesso ignoriamo gli effetti avversi derivanti dall’assunzione combinata di un numero così elevato di medicine. È certo però che chi assume una quantità eccessiva di farmaci può presentare confusione mentale e un rischio maggiore di incorrere in cadute».

In assenza di studi scientifici comparativi, la logica suggerirebbe che ridurre il numero di farmaci riduce anche i rischi, considerando che ogni principio attivo può avere controindicazioni e provocare effetti collaterali.

«Così, sovente, – suggerisce Paola Cicerone – si finisce con l’assumere ulteriori medicinali per contrastare gli effetti indesiderati causati da altri farmaci».

«Anche l’atteggiamento verso il proprio medico è fondamentale – aggiunge il professor Garattini –. Alcune persone sono portate a cambiare terapeuta se non ricevono le prescrizioni desiderate. Ma un medico competente è proprio colui che evita terapie inutili. Diffiderei, invece, di chi esagera nelle prescrizioni, perché vuol dire che non conosce a fondo il proprio mestiere. Dipende anche da noi, in qualità di pazienti, avere la consapevolezza e il coraggio di chiedere al medico se è certo che i medicinali che ci ha prescritto siano davvero necessari, se ci faranno realmente bene. Un medico di medicina generale dovrebbe prescrivere pochi farmaci e promuovere buone abitudini per quanto riguarda il mangiare e l’attività fisica».

«Sarebbe questo un sistema sanitario che funziona e che fa risparmiare

«Senza dubbio. Adottare stili di vita salutari significa ridurre la necessità di consultare il medico, effettuare meno esami e fare un uso più contenuto di farmaci. In pratica, vuole dire utilizzare meno il Servizio Sanitario Nazionale».

In Italia, invece, si registra un uso più elevato di farmaci rispetto alla media di molti altri paesi europei, sia per quanto riguarda il numero di prescrizioni sia per il consumo pro capite.

Qualità, ma senza confronto

«Professor Garattini – interviene Paola Cicerone – forse è proprio questo il motivo per cui, pur avendo un’aspettativa di vita tra le più alte a livello mondiale, il nostro Paese si colloca più in basso nelle classifiche per numero di anni di vita trascorsi in buona salute».

«Ma anche la legislazione europea favorisce il mercato. Quanti conoscono la procedura con cui viene approvato un nuovo farmaco? La normativa stabilisce che l’autorizzazione si basi su tre criteri fondamentali: qualità, efficacia e sicurezza. In questa modalità esiste però un aspetto critico: queste caratteristiche non vengono confrontate con quelle di altri farmaci già disponibili con la stessa indicazione terapeutica. Eppure, sarebbe possibile intervenire sul piano regolatorio introducendo un ulteriore parametro: il valore terapeutico aggiunto, ovvero il reale beneficio che un nuovo farmaco offre rispetto alle opzioni già esistenti. Si pensi che attualmente, per fare un esempio, sono disponibili circa 120 principi attivi indicati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa».

Il mercato è quindi saturato da farmaci molto simili tra loro – i cosiddetti farmaci-fotocopia – come accade nel caso dei medicinali antidiabetici o oncologici, molti dei quali restano disponibili in commercio per anni, senza che siano stati osservati benefici clinici significativi. In assenza di un’informazione indipendente, spesso le scelte terapeutiche sono condizionate dagli interessi delle aziende produttrici. Un contesto che tende a relegare la prevenzione in secondo piano, in quanto in contrasto con le logiche commerciali.
In Italia, l’educazione alla salute resta ancora largamente insufficiente, e questo ha un impatto diretto sulla durata della vita trascorsa davvero in buona salute, ovvero libera da malattie o disabilità.

L’attività fisica come farmaco

Eppure, per migliorare la salute, basterebbe adottare alcune buone abitudini: non fumare, evitare alcol e droghe, seguire un’alimentazione varia e moderata, mantenere un peso corporeo adeguato, dormire almeno 7 ore al giorno, coltivare relazioni sociali e, soprattutto, praticare attività motoria in modo regolare.
Quest’ultima svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione di numerose malattie croniche, tra cui il diabete di tipo 2, diverse patologie cardiovascolari, alcuni tumori, disturbi mentali e la demenza senile.
L’esercizio fisico migliora la circolazione sanguigna e, di conseguenza, l’apporto di ossigeno e nutrienti anche al cervello. Inoltre, stimola il rilascio di sostanze che contrastano la formazione di microcoaguli nei capillari cerebrali, contribuendo alla protezione dei neuroni. Ha anche un impatto diretto sulle funzioni cognitive come la memoria, la coordinazione e l’attenzione.
Idealmente, si dovrebbe iniziare a svolgere attività fisica fin da giovani, ma non è mai troppo tardi per cominciare.

«Non è necessario essere atleti – spiega il professor Garattini – ma bisogna essere disposti a fare un po’ di fatica. Per essere efficace, l’attività fisica deve essere, come si dice in termini tecnici, ‘aerobica’. Significa che deve comportare un certo sforzo: come quello di una camminata veloce, tanto da far aumentare il battito cardiaco e la frequenza respiratoria. Passeggiare guardando le vetrine non basta».

Le indicazioni considerate ottimali parlano di 40 minuti al giorno di attività che comporti affaticamento. Questo intervallo rappresenta la soglia ideale: superarlo può offrire benefici aggiuntivi, ma in misura limitata. L’importante è rimanere entro questi parametri, indipendentemente dalla modalità scelta, che si tratti di esercizi in palestra o a casa, nuoto o camminata.
Camminare ad andatura sostenuta è un’attività ideale, soprattutto per i meno giovani, in quanto stimola corpo e mente, riduce lo stress e favorisce la riflessione. Diventa un’occasione per pensare, quasi un momento di meditazione così raro nella frenesia della vita quotidiana, dove siamo costantemente assorbiti da impegni, distrazioni e urgenze. Sovente, in questi momenti, emergono soluzioni a problemi che difficilmente si risolverebbero restando fermi. Perché il movimento fisico stimola anche il pensiero.


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Mangiare meno, mangiare meglio

Un altro aspetto centrale nell’ambito della prevenzione è l’alimentazione. Deve essere varia e moderata: mangiare poco e bene, in modo variato, contribuisce alla salute e alla longevità. Studi sperimentali condotti su modelli animali indicano che una riduzione dell’apporto calorico del 30% può aumentare la durata della vita del 20%.

«Non esistono centenari obesi. Dovremmo imparare dai nostri nonni, e alzarci da tavola con “ancora un po’ di fame”.
Un altro punto fondamentale è la varietà: occorre evitare di mangiare sempre gli stessi alimenti. Un’alimentazione diversificata consente di assumere in modo equilibrato tutti i micronutrienti e i macronutrienti necessari, senza dover ricorrere a integratori.
La varietà ha anche una funzione protettiva: molti cibi possono contenere contaminanti, ovvero residui chimici o ambientali. Mangiare sempre lo stesso alimento aumenta il rischio di accumularli nel tempo».

Infine, occhio all’etichetta: è fondamentale leggere quanto vi è indicato. Molti prodotti industriali contengono quantità elevate di zuccheri, grassi, sale, oltre a numerosi additivi e conservanti.
Un’alimentazione troppo ricca di questi elementi può compromettere significativamente salute e aspettativa di vita.

Fumo e alcol

Il fumo e l’alcol meritano un capitolo a parte. È ampiamente documentato che alcune forme tumorali sono strettamente associate al consumo di alcol, anche in quantità modeste. Il cancro dell’esofago e quello del fegato sono tra i più noti, ma l’alcol è anche coinvolto nello sviluppo del tumore al seno e di molte altre neoplasie.

«Il legame con l’esofago è facilmente comprensibile – spiega il professor Garattini –. L’alcol, entrando in contatto diretto con la mucosa esofagea, può danneggiare le cellule. Durante la rigenerazione, queste cellule possono sviluppare mutazioni potenzialmente cancerogene».

C’è poi un ulteriore aspetto da tenere presente: l’effetto sinergico, combinato tra alcol e fumo. «Se consideriamo separatamente il rischio cancerogeno di ciascuno, l’impatto è già significativo. Tuttavia, quando associati, i loro effetti si moltiplicano: il rischio può aumentare fino a cinque volte. Eppure, l’alcol continua a godere di ampia tolleranza sociale ed è sostenuto da forti interessi economici».

Il mercato del vino in Italia è stimato in circa 50 miliardi di euro l’anno. Non sorprende, dunque, che si esercitino forti pressioni per minimizzare i rischi legati al consumo di alcol.


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«Quindi, professor Garattini: attività fisica, dieta e, immagino, anche socialità?»

«L’attività e le relazioni sociali sono importantissime. A questo proposito, abbiamo realizzato uno studio seguendo, per diversi anni, un gruppo di duemila persone ottantenni. L’obiettivo era individuare il principale fattore di rischio nello sviluppo della demenza senile.
Il risultato è stato chiaro: il fattore più rilevante era la solitudine. Con l’età, molte persone tendono a ritirarsi, spesso perché si vergognano di perdere la memoria o temono di non riconoscere le persone. Oppure, evitano di andare ai concerti o a eventi culturali perché non riescono a mantenere l’attenzione.
Progressivamente, si isolano nella propria casa, rinunciando ai contatti sociali.
È fondamentale mantenere il cervello attivo, anche attraverso l’attività fisica. Per funzionare al meglio, il cervello ha bisogno di stimoli costanti, di essere continuamente sollecitato».

Cittadini informati

«Per questo serve una vera rivoluzione culturale, che sposti l’attenzione della medicina dalla cura alla prevenzione. E questo cambiamento richiede anche il contributo della scuola.
Sarebbe sufficiente dedicare un’ora alla settimana, in ogni classe, all’educazione alla salute per modificare profondamente l’approccio dei giovani al benessere.
Ma questi incontri debbono essere affidati a professionisti con competenze specifiche nel campo della salute.
Purtroppo, in Italia manca una Scuola Superiore di Sanità, una struttura che risulta indispensabile per formare dirigenti preparati e capaci».

Inoltre è fondamentale il coinvolgimento delle famiglie, in particolare dei nonni, che oggi spesso svolgono un ruolo chiave nell’educazione dei più piccoli.
Ma perché tutto questo possa essere realizzato, è fondamentale che i cittadini siano informati.
Dobbiamo saper leggere le etichette, conoscere gli alimenti, comprendere i meccanismi del mercato sanitario e sviluppare senso critico e consapevolezza.
Solo così potremo costruire una società più sana, più equa e più responsabile.


Abstract
“We are victims of the success of medicine — of a kind of medicine that has fundamentally focused on treatment.”
Over the past fifty years, medicine has made significant progress. New drugs are now available, based on scientific evidence, and effective against diseases once considered untreatable. However, the almost exclusive focus on treatment has contributed to the development of a vast pharmaceutical market. And yet, to improve health, it would be enough to adopt a few good habits: avoid smoking, steer clear of alcohol and drugs, follow a varied and moderate diet, maintain a healthy body weight, cultivate social relationships, and — above all — engage in regular physical activity.


Lampi: duetti culturali

“Dopo molti anni trascorsi a collaborare professionalmente con editori e galleristi d’arte sulla comunicazione – spiega Lucia Crespi – ho deciso di trasformare il mio studio in un luogo di incontro e discussione per il mondo della cultura. Così è nata l’idea di Lampi, ovvero di piccole luci che rimangono accese dal vivo in un dibattito culturale che forse si va un po’ affievolendo”.

In via Brioschi 21 a Milano


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