• 19 Novembre 2025

Epistème News

Rivista di comunicazione scientifica e medicina integrata

Efficacia dell’olio ozonizzato (HOO) nel trattamento della fibromialgia

DiACR

Tempo lettura:

15–23 minutes
Progetto di Ricerca
– Principal Investigator: Dr. Alberto Izzotti, Dr. Elio Carlo.

Fibromialgia: caratterizzazione e ipotesi eziopatologiche

La fibromialgia è un disturbo non articolare, caratterizzato, in genere, dall’assenza di uno stato infiammatorio di alto grado e da variazioni significative dei parametri ematochimici indicativi di altre malattie reumatiche; si presenta con dolore generalizzato (a volte grave), indolenzimento diffuso dei muscoli, delle aree adiacenti alle inserzioni tendinee e ai tessuti molli, rigidità muscolare, affaticamento, senso di nuvolosità mentale, riduzione del sonno e una costellazione di altri sintomi somatici e psichici, quali ansia e depressione. La diagnosi è essenzialmente clinica.
Nella fibromialgia, ogni tessuto fibromuscolare può essere colpito, ma è particolarmente comune il coinvolgimento della regione occipitale, del collo, delle spalle, del torace, della regione lombare e delle cosce. Sebbene sintomatica in queste aree, generalmente non viene riscontrata, nei pazienti, alcuna anomalia istologica specifica. I sintomi e segni di fibromialgia sono diffusi, a differenza del dolore e dell’indolenzimento localizzati (sindrome del dolore miofasciale), che sono spesso correlati ad eccessivo stress muscolare o microtraumi.
La fibromialgia è una condizione patologica non rara; è circa 7 volte più frequente tra le donne, generalmente giovani o di mezza età, ma può verificarsi in uomini, bambini e adolescenti. A causa della differenza di incidenza tra i sessi, viene talvolta trascurata negli uomini. Si accompagna non di rado ad altre malattie reumatiche sistemiche concomitanti, non correlate, complicando così la diagnosi e la gestione. La rigidità e il dolore nella fibromialgia spesso iniziano gradualmente, diffusamente, e hanno carattere sordo. Il dolore può peggiorare con l’affaticamento, la tensione muscolare o l’esercizio muscolare eccessivo. La stanchezza è comune, così come i disturbi cognitivi, quali difficoltà di concentrazione e una sensazione generale di torbidezza mentale. Molti pazienti presentano anche sintomi afferenti alla sindrome del colon irritabile, cisti interstiziali, emicrania o mal di testa da tensione. Possono essere presenti parestesie, tipicamente bilateralmente e spesso migranti. I sintomi possono essere esacerbati da disturbi concomitanti, come il dolore muscoloscheletrico, nei pazienti con artrite infiammatoria (p. es., artrite reumatoide) o da disturbi del sonno, nei pazienti con apnea ostruttiva del sonno o con depressione. Come già evidenziato, i soggetti colpiti da fibromialgia appaiono spesso stressati, tesi, ansiosi, affaticati, preoccupati e a volte depressi. L’esame obiettivo è negativo, eccetto quello riferito a specifiche, circoscritte aree muscolari, che sono dolenti in maniera variabile quando sottoposti a palpazione. Tali aree non si presentano gonfie, rosse o calde, caratteristiche che suggerirebbero diagnosi alternative.
La fibromialgia viene in genere sospettata in pazienti con le seguenti caratteristiche:

  • dolore generalizzato e indolenzimento, soprattutto se sproporzionati rispetto ai segni clinici;
  • esami di laboratorio negativi, nonostante la sintomatologia imponente;
  • astenia come sintomo predominante.

La diagnosi di fibromialgia deve essere presa in considerazione in persone che hanno avuto dolore diffuso per almeno 3 mesi, in particolare se accompagnato da vari sintomi somatici. Il dolore è considerato diffuso quando i pazienti hanno dolore sul lato destro e sinistro del corpo, al di sopra e al di sotto della vita e allo scheletro assiale (colonna cervicale, torace anteriore o rachide toracico o regione lombare). I criteri clinico-diagnostici sono stati individuati dell’American College of Rheumatology1 e comprendono una combinazione di dolore articolare e, di solito, non articolare (compreso a volte il dolore diffuso in tutto il corpo) e di altri sintomi cognitivi e somatici, come quelli elencati sopra, che sono classificati per gravità.
La diagnosi differenziale, spesso assai difficile, si basa sull’effettuazione degli esami per possibili altre cause della sintomatologia lamentata dal paziente; tali esami devono comprendere: velocità di eritrosedimentazione o proteina C-reattiva, creatinchinasi (CK) ed esami di screening per ipotiroidismo ed epatite C (che possono causare affaticamento e mialgia generalizzata). La fibromialgia in genere non causa anomalie in questi test. Altri test (p. es., test sierologici per disturbi reumatici) devono essere eseguiti solo se indicati da risultati in anamnesi, esame obiettivo, e/o esami di routine di laboratorio.
Il trattamento routinario della fibromialgia comprende esercizi di stretching e aerobici, impacchi caldi locali e massaggi, psicoterapia cognitivo comportamentale, per il sonno e la gestione dello stress, farmaci come gli antidepressivi triciclici, gli inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina, gli agenti GABA-ergici, la ciclobenzaprina, analgesici non oppiacei.
Nello specifico, i muscoli interessati devono essere sottoposti a un gentile esercizio di allungamento ogni giorno; tali allungamenti devono essere mantenuti per circa 30 secondi e ripetuti circa 5 volte. L’esercizio aerobico (p. es., la deambulazione veloce, il nuoto, l’esercizio con la bicicletta) può migliorare il quadro del disturbo. Il miglioramento del sonno appare decisivo. Le terapie farmacologiche per la fibromialgia (p. es., amitriptilina, duloxetina, milnacipran e pregabalin) possono essere utilizzate insieme agli esercizi per migliorare il sonno e gestire lo stress ma, in genere, riducono solo modestamente il dolore. I farmaci sedativi, come gli antidepressivi triciclici orali a basso dosaggio (p. es., amitriptilina da 10 a 50 mg) o la ciclobenzaprina, farmacologicamente simile, vengono spesso prescritti per essere assunti al momento di coricarsi e possono favorire un sonno più profondo e ridurre il dolore muscolare. Un inibitore della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (p. es., duloxetina) è un’alternativa ragionevole, in particolare per i pazienti con grave affaticamento e depressione. Il pregabalin e il gabapentin possono anche essere particolarmente utili per i pazienti che presentano i disturbi del sonno più gravi. La sonnolenza, la secchezza delle fauci e altri effetti avversi possono rendere però questi farmaci non tollerati, particolarmente negli anziani. Infine, gli analgesici non oppiacei (p. es., i FANS) possono essere utilizzati in pazienti selezionati. Gli oppiacei devono essere invece evitati2.
Malgrado la fibromialgia sia un disturbo frequente, ad oggi non è stata chiarita fino in fondo la sua patogenesi. Un’ipotesi particolarmente rilevante è quella che lega la fibromialgia ad un disordine del sistema immunitario e della risposta infiammatoria. Tale ipotesi è corroborata da evidenze provenienti da alcune ricerche, che hanno mostrato una risposta termica anomala dopo la stimolazione immunologica con provocazione dell’endotossina nelle donne fibromialgiche, suggerendo un legame tra dolore cronico diffuso e sistema immunitario3. Inoltre, una peculiare attivazione di geni che codificano molecole pro-infiammatorie prodotte da cellule del sistema immunitario innato, come le cellule dendritiche e i neutrofili, è stata identificata in pazienti con fibromialgia con depressione associata4. Nel sangue periferico di pazienti, le concentrazioni di citochine pro-infiammatorie, tra cui l’interleuchina (IL)-6, IL-8, IL-17, interferone (IFN)-γ e fattore di necrosi tumorale (TNF)-α e varie chemochine sono state, infine, associate alla gravità dei sintomi in una pletora di studi5.
Ulteriori, recenti scoperte sembrano suffragare il ruolo chiave svolto dal sistema immunitario innato nell’ eziologia della fibromialgia. L’infiammazione mediata da mastociti, neutrofili, cellule della microglia e cellule natural killer (NK) produce diverse citochine e chemochine pro-infiammatorie che potrebbero contribuire alla neuroinfiammazione e al conseguente aumento della sensibilizzazione al dolore nella fibromialgia. D’altra parte, altre ricerche sembrano coinvolgere anche l’immunità adattativa, mostrando un ruolo patogenetico delle cellule T, in particolare delle cellule T helper (Th)-1 e Th17, che, come noto, sono in grado di produrre citochine pro-infiammatorie e cellule B attraverso la produzione di autoanticorpi neurone-specifici, come dimostrato attraverso modelli di trasferimento passivo di IgG in animali da laboratorio. In ultimo, le infezioni potrebbero svolgere un ruolo importante nell’anomala attivazione del sistema immunitario del paziente fibromialgico. In particolare, si ritiene che l’infezione da SARS-CoV-2, l’agente eziologico del COVID-19, sia responsabile, attraverso meccanismi ancora sconosciuti, dell’aumento dell’incidenza di fibromialgia segnalata durante il cosiddetto long COVID6.
La natura immuno-infiammatoria della fibromialgia trova ulteriore sostegno nell’azione antinfiammatoria svolta dalle attuali terapie. Duloxetina e milnacipran, entrambi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SSNRI) e l’antiepilettico pregabalin sono gli unici farmaci approvati per il trattamento della fibromialgia dalla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. Il loro utilizzo sfrutta la loro azione antidolorifica sul sistema nervoso centrale; tuttavia, c’è un crescente interesse per l’attività antinfiammatoria svolta da questi farmaci, proprio alla luce dell’ipotesi di una patogenesi infiammatoria autoimmune della fibromialgia. Un recente studio ha utilizzato il rapporto neutrofili-linfociti (NLR), il rapporto piastrina-linfociti (PLR) e il volume medio piastrinico (MPV) come marcatori surrogati di infiammazione7. In un secondo studio osservazionale prospettico, è stato riportato che l’NLR era significativamente più alto nei pazienti con fibromialgia rispetto ai controlli. Il trattamento con duloxetina ha ridotto questo rapporto, indicando che questo farmaco antidepressivo può essere efficace sul dolore in questi pazienti riducendo lo stato infiammatorio8.
Per quanto riguarda l’attività antinfiammatoria dell’antiepilettico pregabalin, in uno studio condotto su pazienti di sesso femminile con fibromialgia, è stato riportato che il trattamento con pregabalin era associato a una diminuzione del siero di diverse citochine come IL-6, IL-17, TNF-α e IFN-γ nei pazienti. Tra le terapie non farmacologiche, gli interventi basati sull’esercizio fisico (EBI) sono spesso raccomandati per i pazienti con sindrome fibromialgica. Una ricerca sistematica in diversi database elettronici ha dimostrato, attraverso una meta-analisi, una significativa riduzione dei livelli di VES e di interleuchina pro-infiammatoria IL-8 in pazienti con fibromialgia che hanno praticato EBI9. Sebbene questi studi non dimostrino che l’efficacia degli SSRI, dei farmaci antiepilettici e dell’attività fisica sia correlata esclusivamente agli effetti antinfiammatori, essi forniscono un interessante suggerimento indiretto in favore dell’ipotesi infiammatoria come causa determinante della fibromialgia10.
Un altro fattore eziologico, non alternativo all’infiammazione immunomediata ma probabilmente parallelo, potrebbe risiedere nell’alterato status ossidoriduttivo del paziente fibromialgico e nel conseguente impairment mitocondriale. Recenti ricerche suggeriscono, in effetti, un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno nei soggetti affetti da fibromialgia. Più in dettaglio, i fattori proossidativi come l’ossido nitrico, i prodotti della perossidazione lipidica dei radicali liberi, tra cui la malondialdeide sierica e l’idroperossido lipidico, si mostrano aumentati in concentrazione, mentre i livelli di xantina ossidasi diminuiscono, un processo che si verifica comunemente quando vengono prodotti radicali liberi dell’ossigeno. Parallelamente, i livelli di antiossidanti endogeni sono ridotti, tra cui glutatione, superossido dismutasi e stato antiossidante totale nel siero, come risposta all’elevato stress ossidativo. Questo fenomeno ha portato diversi ricercatori a interrogarsi se la fibromialgia non possa essere in realtà un disturbo provocato dallo stress ossidativo, considerato che maggiori livelli di fattori proossidativi e di mitofagia sembrano aumentare la sensibilizzazione al dolore. È interessante notare, a questo proposito, che una recente revisione sistematica ha concluso che l’integrazione con vitamine antiossidanti e coenzima Q10 per almeno 6 settimane si associa a una ridotta percezione del dolore nell’80% dei pazienti fibromialgici, indicando che gli antiossidanti sembrano avere un ruolo analgesico nella gestione della malattia11.
Ancora un ulteriore possibile elemento causale, anche in questo caso non alternativo ai precedenti, è stato identificato nell’ipossia tissutale periferica e cerebrale riscontrata nel paziente fibromialgico. Studi recenti hanno rilevato, difatti, che i fibromialgici hanno una densità capillare inferiore, una pressione media dell’ossigeno più bassa e un flusso ematico cerebrale più debole, dando forza all’ipotesi che il ridotto tenore di ossigeno possa contribuire alla degenerazione muscolare e al dolore12.

Il potenziale ruolo dell’olio ozonizzato (HOO) nella cura della fibromialgia

L’ozono (OT) è stato scoperto prima dall’elettrolisi dell’ossigeno; come ossigeno triatomico, può essere considerato come l’ossidante naturale più potente. Il suo impiego nella purificazione dell’acqua risale alla fine del 1800; la prima pubblicazione in letteratura riguardo il suo uso medico, dal titolo “Ozone”, risale al 1885. Durante la II guerra mondiale è stato utilizzato a scopo medico in diverse circostanze; si cita il suo uso intratecale per la meningite. Essendo una molecola di ossigeno triatomica, OT è un ossidante ad altissima efficacia, i cui effetti principali, qualora somministrato sistemicamente, possono essere così riassunti:
• aumento del diglicerofosfato dei globuli rossi
• miglioramento delle proprietà reologiche dei globuli rossi e della produzione di ossido nitrico endoteliale
• maggiore differenza di pressione parziale arteriosa/venosa, che indica un maggiore consumo mitocondriale di ossigeno
• modulazione del sistema immunitario e riduzione dell’infiammazione
• miglioramento dello stato antiossidante tramite enzimi antiossidanti (compresa la superossido dismutasi) e glutatione nelle cellule. Gli effetti possono essere ottenuti attraverso OT generante molecole redox di segnalazione cellulare chiamate ozonidi e altre specie reattive dell’ossigeno a vita più breve (perossidi, aldeidi, ecc.)13.
L’ozono somministrato per via sistemica, privo di qualsivoglia effetto collaterale, ha effetti sul potenziamento del sistema antiossidante endogeno (tramite il meccanismo ormetico, ossia l’incremento modesto, iniziale, dello stress ossidativo, cui corrisponde, dopo ripetuti impulsi stressogeni, un incremento dell’attività degli enzimi antiossidanti interni), sull’ossigenazione tissutale, sulla moderazione dell’infiammazione di alto e basso grado, anche a livello cerebrale, e sulla poiesi endogena cellulare e tissutale.
In particolare, una pletora di studi ha ormai dimostrato che la somministrazione di ozono, per infusione venosa o insufflazione rettale, agendo tramite l’attivazione delle vie NFAT, AP-1, NF-kB, Nrf2-ARE e HIFα, conduce alla up-regulation dei sistemi antiossidanti endogeni, all’attivazione delle funzioni immunitarie e alla soppressione dei processi infiammatori, alla promozione dei sistemi rigenerativi, in particolare tramite l’effetto sulle citochine e i fattori trofici – VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor A), PDGF (Platelet Derived Growth Factor), EGF (Epidermal Growth Factor), FGF (Fibroblast Growth Factor), IGF (Insulin Like Growth Factor), TGF-β (Transforming Growth Factor Beta), BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor), PI3K/AKT/mTOR mammalian target of rapamycin (mTOR) signalling pathways)14. Il potenziale antinfiammatorio e pleiotropico, anche a livello del sistema nervoso centrale, sta stimolando la ricerca attuale verso l’impiego dell’ozono sistemico nel trattamento delle malattie neurologiche, reumatologiche e psichiatriche e, più in generale, dei disturbi cronici, dove è necessario correggere l’infiammazione, lo stress ossidativo e promuovere la plasticità neuronale15. L’effetto dell’ozono nei disordini che comportano infiammazione, affaticamento e dolore è stato recentemente spiegato chiamando in causa i mediatori lipidici indotti dall’ozono dal sangue, come i lipoperossidi (LOP), l’attivazione mitoormetica e l’attivazione dei fattori Nrf2/Keap1/ARE, capaci di indurre un effetto antiossidante, di suscitare la biogenesi dei mitocondri, di rilanciare le vie di sopravvivenza cellulare e, infine, di effettuare una regolazione fine del sistema immunitario16.
Agendo, nei fatti, su tutti i fattori eziologici ipotizzati per la fibromialgia, non stupisce che una mole crescente di studi stia mostrando, con sempre maggiore insistenza, che l’ozonoterapia sistemica potrebbe diventare una pietra miliare nella cura di questa patologia17. A rafforzare questa ipotesi, contribuisce anche il crescente successo sulla sindrome fibromialgica di un’altra terapia complementare, l’ossigenoterapia iperbarica (HBOT), che condivide con l’ozonoterapia sistemica molti meccanismi biochimici di attivazione dei sistemi antiossidanti, antinfiammatori, iperossigenanti, immunomodulanti e plastici18.
Il principale inconveniente per l’uso dell’ozono in campo medico è consistito, fino ad ora, nell’invasività e nella scarsa maneggevolezza delle vie di somministrazione delle miscele ossigeno-ozono, che possono essere effettuate solo in ambito ambulatoriale od ospedaliero (autoemotrasfuzione e insufflazione rettale).
Questo problema è oggi brillantemente risolto attraverso un nuovo procedimento tecnologico, che ha consentito di veicolare l’ozono all’interno di un vettore lipidico, da assumere per via orale, in capsule gastroresistenti (HOO-high-ozonide ozonized oil – high amount of ozone-derived oxidizing species in a lipophilic complex)
HOO, regolarmente approvato come integratore sul mercato europeo, si è dimostrato una valida e maneggevole alternativa domiciliare alle altre modalità di somministrazione dell’ozono, mantenendo e probabilmente addirittura potenziando le già note capacità antiossidative, antinfiammatorie, iperossigenanti dell’ozono per via intravenosa19, nonché promuovendo un miglioramento della fitness fisica, espressa come valore di soglia aerobica, realizzabile solo dopo molti mesi di esercizio fisico quotidiano20 (Izzotti et al., 2021).
In un recente studio, Izzotti e colleghi hanno dimostrato l’efficacia di un nuovo trattamento a base di olio ozonizzato (HOO) assunto per os a scopo chemioprofilattico in soggetti sani per la prevenzione del COVID-19 e, ad alte dosi, a scopo terapeutico nei pazienti infetti21.
In un lavoro ancor più recente22, gli stessi autori hanno dimostrato l’efficacia della terapia complementare basata sull’assunzione di HOO per il trattamento del cancro: in vitro, in cellule tumorali del polmone e del glioblastoma, gli oli ozonizzati con un alto contenuto di ozonide, hanno soppresso la vitalità delle cellule tumorali attivando il danno mitocondriale, il rilascio intracellulare di calcio ed apoptosi. In vivo, un totale di 115 pazienti oncologici (età 58 ± 14 anni; 44 maschi, 71 femmine), erano stati trattati con olio ozonizzato come terapia complementare in aggiunta ai regimi chemio/radioterapici standard fino a 4 anni. Glioblastoma, adenocarcinoma del pancreas, l’epitelioma cutaneo, il carcinoma polmonare a piccole e non a piccole cellule, l’adenocarcinoma del colon, il cancro della mammella, l’adenocarcinoma della prostata; il tasso di sopravvivenza risultava significativamente migliorato nei pazienti oncologici che avevano ricevuto HOO come terapia integrativa rispetto ai soggetti trattati con la sola terapia standard.
Gli oli ozonizzati presenti in HOO sono costituiti da acidi grassi insaturi che sono stati sottoposti all’azione dell’ozono. L’ozono si aggiunge ai doppi legami carbonio-carbonio, con formazione di molozonidi. Queste molecole si riorganizzano rapidamente secondo il meccanismo Criegee, causando la formazione di triossani. Gli ozonidi sono generalmente instabili, mentre i triossani sono relativamente stabili ma si decompongono sotto l’azione di agenti riducenti o enzimi intracellulari. Quando l’aggiunta di ozono all’olio raggiunge la saturazione dei doppi legami, la viscosità aumenta con la progressiva formazione di ozonidi fino a quando l’olio non raggiunge la consistenza di gelatina. I perossidi contenuti nell’olio possono essere idrolizzati, dando origine ad aldeidi e chetoni con catene più corte rispetto all’acido grasso originale. La lunghezza del residuo è determinata dalla posizione del doppio legame insieme alla catena che ha reagito con l’ozono.
In una recente ricerca23 volta a valutare la farmacocinetica degli effetti indotti nello stato ossidativo del plasma ematico dopo somministrazione di olio ozonizzato (HOO), è stato dimostrato che HOO è in grado di modulare in modo rilevabile ed oggettivo lo stato ossidativo dell’essere umano. In questo studio, l’incremento del carico ossidativo è stato visibile 2,5 ore dopo l’assunzione di HOO ed è stato rilevabile dall’aumento degli equivalenti di perossido di idrogeno. L’organismo umano reagisce a tale incremento attivando le proprie difese antiossidanti, come succede peraltro anche nell’ossigenoterapia proposta per via ematica e nell’HBOT. Tale risposta, nello studio, era documentata dall’incremento progressivo dei valori di equivalenti di acido ascorbico che si osservava a partire da 9 ore dopo l’assunzione di HOO. Tale effetto di rimbalzo si protraeva e si intensificava fino a 23 ore dopo la somministrazione, raggiungendo valori ben superiori a quelli riscontrati prima del trattamento. L’attivazione degli antiossidanti indotta dal trattamento con HOO è risultata ben visibile dalla valutazione del rapporto tra antiossidanti totali ed ossidanti. Tale rapporto diminuisce infatti fino a 5 ore dopo l’inizio del trattamento, per poi risalire in modo consistenti nei tempi successivi fino a raggiungere valori superiori del 46% rispetto a quelli osservati prima dell’inizio del trattamento. È interessante notare come tale incremento non sia fugace, ma stabile, essendo ancora ben osservabile 23 ore dopo l’assunzione di HOO. La modulazione esercitata da HOO sugli antiossidanti plasmatici è una risposta basata sull’attivazione dei meccanismi difensivi – nel caso specifico gli antiossidanti – ad opera di una noxa quantitativamente sottosoglia rispetto ai meccanismi difensivi stessi. Il risultato di tale interazione è l’attivazione dei meccanismi difensivi in assenza di danno biologico. In altre parole, la somministrazione di HOO attiverebbe in modo naturale la risposta antiossidante tesa a neutralizzare le specie ossidanti, con una conseguente attivazione degli antiossidanti che si incrementano dopo 9 ore dall’assunzione di HOO. Questo periodo di latenza è necessario all’organismo per attivare il sistema degli Antioxidant Responsive Elements (ARE), rappresentato da geni che codificano per enzimi e oligoprotidi antiossidanti (es glutatione ridotto costituito dagli amminoacidi acido glutammico, cisteina e glicina), il tempo di produzione di RNA messaggero da parte di questi geni e la sua traduzione in proteine a livello ribosomiale era infatti di circa 8 ore. Tale situazione fisiologica spiega la cinetica cronologica osservata nel rimbalzo antiossidante indotto da HOO e dimostra anche che la risposta antiossidante ad HOO non è dovuta alla semplice mobilizzazione di antiossidanti endogeni già presenti, bensì alla produzione di nuove proteine antiossidanti che, per loro natura, hanno emivite assai lunghe24.
La somministrazione di HOO, oltre all’induzione dell’effetto ormetico e al potenziale antinfiammatorio, ha enormi potenzialità in termini di arricchimento oscillatorio di ossigeno a livello tissutale e cellulare grazie all’efficacia degli ozonidi di oltrepassare il confine cellulare e di rilasciare a livello mitocondriale l’ossigeno25. Una recente ricerca, ancora non pubblicata, di Izzotti, Polimeni e Carlo, ha mostrato che HOO è superiore, in termini di promozione dei meccanismi riparativi e rigenerativi ossigeno-mediati, rispetto alla stessa ossigenoterapia iperbarica.

Sintesi del progetto di ricerca

Premessa
  • Obiettivo principale: valutare la sicurezza e l’effetto dell’olio ozonizzato ad alta concentrazione di ozonidi stabili su pazienti affetti da fibromialgia.
  • Metodologia: studio osservazionale prospettico su 60 pazienti.
  • Criteri di inclusione: pazienti fibromialgici di ogni età, anche in comorbidità con altre patologie reumatiche, sottoposti a uno o più trattamenti farmacologici per più di tre mesi senza miglioramento.
  • Criteri di esclusione: favismo; epilessia o farmaci che abbassano la soglia convulsiva; gravidanza o allattamento; patologia a carico del sistema nervoso, sia centrale che periferico; ipertensione arteriosa non controllata; insufficienza cardiaca e/o respiratoria; patologie psichiatriche; neoplasia; interventi chirurgici recenti (meno di 4 mesi); precedente trattamento con camera iperbarica o con ozono (meno di 12 mesi); dipendenza da alcool o sostanze.
  • Trattamento: i pazienti riceveranno per 12 settimane, ogni giorno, olio ozonizzato ad alto contenuto di ozonidi (HOO), in numero pari a 4 capsule/die (2 mattina, 2 sera), nella formulazione O3Zone Plus, continuando la consueta terapia.
  • Variabili principali: 1. Parametri ematochimici di infiammazione e funzionamento del sistema nervoso autonomo; 2. impatto della fibromialgia; 3. qualità della vita; 4. dolore, fatigue, ansia e depressione; 5. qualità del sonno; 6. percezione di cambiamento della qualità globale; 7. effetti collaterali (AEs), complicazioni e abbandoni (withdrawals)
  • Lunghezza del trattamento: 12 settimane
  • Follow-up: immediatamente dopo il completamento del ciclo e dopo ulteriori 60 giorni
  • Assessment: 1) Pre-HOO (basale) – variabili 1-5, 2) inter-HOO (6 settimane di O3) – variabili 1-7, 3) post-HOO (12 settimane di O3) – variabili 1-7; 4) 2 mesi post-HOO – variabili 1-7.
  • Lunghezza pianificata dello studio: 14 settimane.

Misure di output relative all’obiettivo primario:
  1. parametri ematochimici di infiammazione e funzionamento del sistema nervoso autonomo: emocromo, VES, PCR, elettroforesi proteica, HRV
  2. impatto della fibromialgia: Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ);
  3. qualità della vita: 36-Item Short Form Survey (SF-36);
  4. dolore, fatigue, ansia e depressione: Pain Catastrophizing Scale (PCS), Fatigue Severity Scale (FSS), State-Trait Anxiety Inventory – Forma Y (STAI – Y di stato e di tratto), Beck Depression Inventory (BDI);
  5. qualità del sonno: Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI);
  6. percezione di cambiamento della qualità globale: Patient Global Impression of Change (PGIC);
  7. effetti collaterali (AE), complicazioni e abbandoni (withdrawals)


  1. Wolfe F et al. Revisions to the 2010/2011 fibromyalgia diagnostic criteria. Semin Arthritis Rheum, 46(3), 2016, pp. 319-329. doi: 10.1016/j.semarthrit.2016.08.012. ↩︎
  2. Tratto, con rivisitazioni, da: https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-del-tessuto-muscoloscheletrico-e-connettivo/patologie-di-borse-sinoviali,-muscoli-e-tendini/fibromialgia#Diagnosi_v908050_it ↩︎
  3. Mueller, C.; Jordan, I.; Jones, C.; Lawson, P.; Younger, J.W. Abnormal immune system response in the brain of women with Fibromyalgia after experimental endotoxin challenge. Brain Behav. Immun. Health, 2023, 30, 100624. ↩︎
  4. mamura, M.; Targino, R.A.; Hsing, W.T.; Imamura, S.; Azevedo, R.S.; Boas, L.S.; Tozetto-Mendoza, T.R.; Alfieri, F.M.; Filippo, T.R.; Battistella, L.R. Concentration of cytokines in patients with osteoarthritis of the knee and fibromyalgia. Clin. Interv. Aging, 2014, 9, 939–944. ↩︎
  5. Mendieta, D.; De la Cruz-Aguilera, D.L.; Barrera-Villalpando, M.I.; Becerril-Villanueva, E.; Arreola, R.; Hernandez-Ferreira, E.; Perez-Tapia, S.M.; Perez-Sanchez, G.; Garces-Alvarez, M.E.; Aguirre-Cruz, L.; et al. IL-8 and IL-6 primarily mediate the inflammatory response in fibromyalgia patients. J. Neuroimmunol., 2016, 290, 22–25.
    Ellergezen, P.; Alp, A.; Cavun, S. Evaluation of the Relationship between Proinflammatory Cytokine Levels and Clinical Findings of Fibromyalgia Syndrome. Iran. J. Immunol. 2021, 18, 338–345.
    Bote, M.E.; Garcia, J.J.; Hinchado, M.D.; Ortega, E. Inflammatory/stress feedback dysregulation in women with fibromyalgia. Neuroimmunomodulation 2012, 19, 343–351.
    Imamura, M.; Targino, R.A.; Hsing, W.T.; Imamura, S.; Azevedo, R.S.; Boas, L.S.; Tozetto-Mendoza, T.R.; Alfieri, F.M.; Filippo, T.R.; Battistella, L.R. Concentration of cytokines in patients with osteoarthritis of the knee and fibromyalgia. Clin. Interv. Aging 2014, 9, 939–944. [
    Wallace, D.J.; Gavin, I.M.; Karpenko, O.; Barkhordar, F.; Gillis, B.S. Cytokine and chemokine profiles in fibromyalgia, rheumatoid arthritis and systemic lupus erythematosus: A potentially useful tool in differential diagnosis. Rheumatol. Int. 2015, 35, 991–996. ↩︎
  6. Elementi tratti da: Paroli, M. et al., Inflammation, Autoimmunity, and Infection in Fibromyalgia: A Narrative Review. Int. J. Mol. Sci. 2024, 25(11), 5922; https://doi.org/10.3390/ijms25115922. ↩︎
  7. Akturk, S.; Buyukavci, R. Evaluation of blood neutrophil-lymphocyte ratio and platelet distribution width as inflammatory markers in patients with fibromyalgia. Clin. Rheumatol. 2017, 36, 1885–1889. ↩︎
  8. Ege, F.; Isik, R. A Comparative Assessment of the Inflammatory Markers in Patients with Fibromyalgia under Duloxetine Treatment. Front. Biosci. 2023, 28, 161. ↩︎
  9. Ellergezen, P.; Alp, A.; Cavun, S.; Celebi, M.; Macunluoglu, A.C. Pregabalin inhibits proinflammatory cytokine release in patients with fibromyalgia syndrome. Arch. Rheumatol. 2023, 38, 307–314.
    Suso-Marti, L.; Nunez-Cortes, R.; Sanchez-Sabater, A.; Garrigos-Pedron, M.; Ferrer-Sargues, F.J.; Lopez-Bueno, R.; Calatayud, J. Effects of exercise-based interventions on inflammatory markers in patients with fibromyalgia: A systematic review and meta-analysis. Semin. Arthritis Rheum. 2024, 65, 152377. ↩︎
  10. Elementi tratti da: Paroli, M. et al., Inflammation, Autoimmunity, and Infection in Fibromyalgia: A Narrative Review. Int. J. Mol. Sci. 2024, 25(11), 5922; https://doi.org/10.3390/ijms25115922. ↩︎
  11. Coderre TJ. Contribution of microvascular dysfunction to chronic pain. Front Pain Res. 2023;4:1111559.
    Bagis S, Tamer L, Sahin G, Bilgin R, Guler H, Ercan B, et al. Free radicals and antioxidants in primary fibromyalgia: an oxidative stress disorder? Rheumatol Int. 2005;25:188–90.
    Ozgocmen S, Ozyurt H, Sogut S, Akyol O, Ardicoglu O, Yildizhan H. Antioxidant status, lipid peroxidation and nitric oxide in fibromyalgia: etiologic and therapeutic concerns. Rheumatol Int. 2006;26:598–603.
    Assavarittirong C, Samborski W, Grygiel-Górniak B. Oxidative stress in fibromyalgia: from pathology to treatment. Oxid Med Cell Longev. 2022;2022:1582432.
    Sendur OF, Turan Y, Tastaban E, Yenisey C, Serter M. Serum antioxidants and nitric oxide levels in fibromyalgia: a controlled study. Rheumatol Int. 2009;29:629–33.
    Fernández-Araque A, Verde Z, Torres-Ortega C, Sainz-Gil M, Velasco-Gonzalez V, González-Bernal JJ, et al. Effects of antioxidants on pain perception in patients with fibromyalgia—a systematic review. J Clin Med. 2022;11:2462. ↩︎
  12. Bernardy K, Klose P, Welsch P, et al. Efficacy, acceptability and safety of cognitive behavioural therapies in  ibromyalgia syndrome – A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Eur J Pain 2019;23:3–14.
    Atzeni F, Masala IF, Cirillo M, et al. Hyperbaric oxygen therapy in Fibromyalgia and the diseases involving the central nervous system. Clin Exp Rheumatol 2020;38 Suppl 123:94–8. ↩︎
  13. Schulz S, Ninke S, Watzer B, Nusing RM. Ozone induces synthesis of systemic prostacyclin by cyclooxygenase-2 dependent mechanism in vivo. Biochem Pharmacol. 2012;83:506-513.
    Chaitidis P, Kreutzer FJ, Gerth C, Janata P, Kuhn H. Impact of intravenous oxygen therapy on the expression of reticulocyte-type 15-lipoxygenase in human volunteers. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids. 2004;71:271-276. 35. Schmidt H. Regelsberger’s intravenous oxygen therapy–an interpretation of results in practice from a biochemical and physiological point of view. Forsch Komplementarmed Klass Naturheilkd. 2002;9:7-18.
    Bialoszewski D, Pietruczuk-Padzik A, Kalicinska A, et al. Activity of ozonated water and ozone against Staphylococcus aureus and Pseudomonas aeruginosa biofilms. Med Sci Monit. 2011;17:BR339-344.
    Rowen RJ. Ozone and oxidation therapies as a solution to the emerging crisis in infectious disease management: a review of current knowledge and experience. Med Gas Res. 2019;9(4):232-237
    Aik SV, K R, Kohli S, Zohabhasan S, Bhatia S. Ozone- a biological therapy in dentistry- reality or myth????? Open Dent J. 2016;10:196-206.
    Mayer R. Experiences of a pediatrician using ozone as a chemotherapeutic abent for the treatment of diseases in children. In:LaRaus J, ed. Medical Applications of Ozone: International Ozone Association, Pan American Committee. 1983:210. ↩︎
  14. Bocci, Scientific and medical aspects of ozone therapy. State of the art. Arch. Med. Res. 2006, 37, 425–435.
    de Sire et al., Low back pain related to a sacral insufficiency fracture: Role of paravertebral oxygen-ozone therapy in a paradigmatic case of nociplastic pain, Funct. Neurol. 2019, 34, 119–122.
    de Sire et al., Oxygen–ozone therapy in the rehabilitation field: State of the art on mechanisms of action, safety and effectiveness in patients with musculoskeletal disorders, Biomolecules 2021, 11, 356.
    İnal et al., The effects of ozone therapy and coenzyme Q 10 combination on oxidative stress markers in healthy subjects, Ir. J. Med. Sci. 2011, 180, 703–707.
    Peralta et al., Effect of ozone treatment on reactive oxygen species and adenosine production during hepatic ischemia-reperfusion. Free Radic. Res. 2000, 33, 595–605.
    Peralta et al., Protective effect of ozone treatment on the injury associated with hepatic ischemia-reperfusion: Antioxidant-prooxidant balance. Free Radic. Res. 1999, 31, 191–196.
    Sagai et al., Mechanisms of action involved in ozone therapy: Is healing induced via a mild oxidative stress? Med. Gas Res. 2011, 1, 1–18. ↩︎
  15. Tirelli et al., Ozone therapy in 65 patients with fibromyalgia: an effective therapy, Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2019 Feb;23(4):1786-1788.
    Tirelli et al., Patients with Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome (ME/CFS) Greatly Improved Fatigue Symptoms When Treated with Oxygen-Ozone Autohemotherapy, S. J Clin Med. 2021 Dec 22;11(1):29.
    Cordero MD, de Miguel M, Carmona-López I, Bonal P, Campa F, Moreno-Fernández AM. Oxidative stress and mitochondrial dysfunction in fibromyalgia. Neuro Endocrinol Lett 2010; 31: 169-173. ↩︎
  16. Tirelli U, Franzini M, Valdenassi L, Pandolfi S, Berretta M, Ricevuti G, Chirumbolo S. Patients with Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome (ME/CFS) Greatly Improved Fatigue Symptoms When Treated with Oxygen-Ozone Autohemotherapy.J Clin Med 2021; 11: 29.
    Tirelli U, Franzini M, Valdenassi L, Pisconti S, Taibi R, Torrisi C, Pandolfi S, Chirumbolo S. Fatigue in post-acute sequelae of SARS-CoV2 (PASC) treated with oxygen-ozone autohemotherapy – preliminary results on 100 patients. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2021; 25: 5871-5875.
    Chirumbolo S, Valdenassi L, Simonetti V, Bertossi D, Ricevuti G, Franzini M, Pandolfi S. Insights on the mechanisms of action of ozone in the medical therapy against COVID-19. Int Immunopharmacol 2021; 96: 107777.
    Baranova IV, Bezsmertnyi YA, Bezsmertnaya HV, Postovitenko KP, Iliuk IA, Gumeniuk AF. Analgetic effect of ozone therapy: myths or reality? Polish Ann Med 2020; 27; 62-67.
    Galvez-Sánchez CM, Reyes Del Paso GA. Diagnostic Criteria for Fibromyalgia: Critical Review and Future Perspectives. J Clin Med 2020; 9: 1219. ↩︎
  17. Tirelli U, Cirrito C, Pavanello M, Piasentin C, Lleshi A, Taibi R. Ozone therapy in 65 patients with fibromyalgia: an effective therapy. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2019; 23: 1786-1788.
    Sucuoğlu H. et al., Efficacy of ozone therapy as an add-on treatment in fibromyalgia: A randomized double-blind placebo-controlled study. J Back Musculoskelet Rehabil 2023;36(2):357-366.
    Tirelli U, Franzini M, Valdenassi L, Pandolfi S, Taibi R, Chirumbolo S. Fibromyalgia treated with oxygen-ozone auto-haemotherapy (O2-O3-AHT): a case study on 200 patients with a modified 10-PI-NRS evaluation. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2022 Nov;26(21):7974-7979. doi: 10.26355/eurrev_202211_30150.
    Gazioğlu Türkyılmaz G, Rumeli Ş, Bakır M. Effects of Major Ozone Autohemotherapy on Physical Functionality and Quality of Life in Fibromyalgia Syndrome: A Prospective Cross-sectional Study.Altern Ther Health Med. 2021 Sep;27(5):8-12.
    Moreno-Fernández A, Macías-García L, Valverde-Moreno R, Ortiz T, Fernández-Rodríguez A, Moliní-Estrada A, De-Miguel M. Autohemotherapy with ozone as a possible effective treatment for Fibromyalgia. Acta Reumatol Port. 2019 Sep 29;44(3):244-249.
    Tirelli U, Cirrito C, Pavanello M, Piasentin C, Lleshi A, Taibi R. Ozone therapy in 65 patients with fibromyalgia: an effective therapy. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2019 Feb;23(4):1786-1788. doi: 10.26355/eurrev_201902_17141.
    Hidalgo-Tallón J, Menéndez-Cepero S, Vilchez JS, Rodríguez-López CM, Calandre EP. Ozone therapy as add-on treatment in fibromyalgia management by rectal insufflation: an open-label pilot study.J Altern Complement Med. 2013 Mar;19(3):238-42. doi: 10.1089/acm.2011.0739. ↩︎
  18. Cao C, Li Q, Zhang X, Varrassi G, Wang H.Effectiveness of Hyperbaric Oxygen for Fibromyalgia: A Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials. Clin Pract. 2023 Apr 26;13(3):583-595. doi: 10.3390/clinpract13030053. ↩︎
  19. Izzotti A Studio della farmacocinetica di olio ozonizzato a bassa dose adsorbito in capsule gastroresistenti somministrato per os. 2021, Università di Genova. ↩︎
  20. Izzotti et al.,  Prevention of Covid-19 Infection and Related Complications by Ozonized Oils, J Pers Med. 2021 11(3):226. ↩︎
  21. Ibidem. ↩︎
  22. Izzotti et al., Efficacy of High-Ozonide Oil in Prevention of Cancer Relapses Mechanisms and Clinical Evidence,  Cancers (Basel) 2022 14(5):1174. ↩︎
  23. Izzotti A Studio della farmacocinetica di olio ozonizzato a bassa dose adsorbito in capsule gastroresistenti somministrato per os. 2021, Università di Genova. ↩︎
  24. Ibibem. ↩︎
  25. Izzotti et al.,  Prevention of Covid-19 Infection and Related Complications by Ozonized Oils, J Pers Med. 2021 11(3):226. ↩︎

Immagine in evidenza: Donna realizzata con ChatGPT 09/10/2025